LINEE DI RICERCA
La sua indagine scientifica si svolge seguendo tre filoni connessi e paralleli: la storia politica, filosofica e letteraria della Spagna contemporanea, in particolar modo tra il 1834 e il 1975. La sua ricerca ha dato copiosi frutti in pubblicazioni, soprattutto nell'ambito di studi sulla cultura spagnola contemporanea.
Si trasmette la presentazione redatta da José Andrés Gallego nel
curriculum presentato per la nomina accademico di numero della Real academia de
Artes y letras de Extremadura.
Dal 1980 la vita del prof. Luis de Llera si è sviluppata
simultaneamente nei seguenti due ambiti culturali spagnolo –con uno speciale
vincolo al tema dell’Extremadura- e italiano, cosa che gli ha concesso di
vedere la nostra cultura con una prospettiva diversa da quella comune,
soprattutto nella sua dimensione intercontinentale e, allo stesso tempo, latina.
Nella
sua formazione si sono altresì venuti a sommare in maniera particolarmente
netta due specifiche linee di ricerca: una rivolta verso la filosofia e
un’altra verso la letteratura, cosa che lo ha condotto, soprattutto verso gli
anni ottanta, a rispondere all’esigenza di approfondire la conoscenza del
contesto storico della filosofia e della letteratura. La sua proiezione
geografica da una parte –che unisce la dimensione transatlantica a quella
latina- e la sua triplice specializzazione come elementi costitutivi di
un’unica realtà- la storia, la filosofia e l’espressione letteraria- hanno
contribuito a conferirgli pertanto un profilo culturale singolare ed
estremamente fecondo e inedito.
Per
esigenza di precisione, dobbiamo ricordare che il punto di partenza dei suoi
interessi fu la filosofia; iniziò nella sfida lanciata dall’idealismo
proposto da Hegel, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, e continuò con tutti
i filosofi dei duecento anni successivi. Luis de Llera ha esaminato in special
modo la traiettoria di due di loro e, come conseguenza, quella di una terza
corrente: i due filosofi principali sono Rosmini e Krause; come conseguenza, i
suoi studi hanno portato Luis de Llera a esaminare il contrasto –a volte
esplicito- con il pensiero aristotelicotomista. È all’interno di questo
contrasto dove Luis de Llera approfondisce per la prima volta in modo
particolarmente intenso alcune figure della cultura extremeña, soprattutto il
krausista Tomás Romero de Castilla, studiato con speciale interesse dal Dr.
Manuel Pecellín Lancharro, e il primo Donoso Cortés e il cattolico liberale
José Moreno Nieto.
Con
il passare del tempo, questo gli avrebbe permesso di arrivare a una nuova
sintesi di quello che fu il contributo spagnolo alla filosofia del XIX secolo e,
subito dopo, a quella del XX.
Si
può dire perciò che Luis de Llera è un orteguiano che ha intravisto il
collegamento esistente tra il proposito del suo punto di partenza –Rosmini- e
questo d’arrivo –Ortega- nello sforzo di superamento dell’idealismo, il
primo dal cattolicesimo, il secondo dal vitalismo, ossia la rivalutazione della
vita come di un qualcosa superiore alla ragione.
Ortega
lo avrebbe portato anche alla proiezione della filosofia orteguiana e, più in
generale, spagnola, sull’America, e questo, allo studio della filosofia
dell’esilio dal
È
difficile sapere se fu la letteratura a spingerlo verso Ortega, dai suoi
iniziali interessi per Rosmini e Krause, o se fu Ortega che lo spinse piuttosto
verso la letteratura. E non è nemmeno semplice sapere se fu la proiezione di
Ortega in America Latina a dare ai suoi studi un’importanza intercontinentale
o se fu la forza della letteratura iberoamericana ad imporgli le proprie
coordinate e a conquistare la sua attenzione.
Ma
possiamo affermare con certezza che la produzione di Luis de Llera si è
orientata man mano verso quello che si è soliti denominare cultura politica,
intendendo questa espressione nel suo senso più ampio: le diverse
manifestazioni culturali che si verificano nelle circostanze politiche in cui
nascono e si sviluppano.
E
la politica lo portò, ineludibilmente, verso la storia politica. Basti
ricordare la sua estensa produzione saggistica sulla Spagna della guerra civile
e su Francisco Franco.
L’Estremadura,
in mezzo a tale ampiezza di interessi, è sempre stata un riferimento costante.
La sua non è un’opera di interesse locale, ma sorge continuamente in essa
–nella sua visione intercontinentale – il riferimento all’Estremadura o
all’essenza dell’estremeño, come il luogo in cui si fonde e acquista valore
quanto viene proiettato nella realtà sull’insieme del mondo ispanico.
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L’unione tra questa attività di ricerca e la docenza nelle università ricordate gli hanno permesso di sviluppare la formazione di ricercatori italiani e spagnoli che costituiscono una vera e propria scuola di ispanisti, che studiano in special modo la filosofia e la letteratura ispanica degli ultimi due secoli, con speciale interesse al pensiero nato in seguito all’esilio del 1936.
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